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Roma, 2 ago – Nel settembre del 2021, è stato pubblicato il mio libro-inchiesta “La morale sinistra”, un manuale di cronaca giudiziaria che riscrive la storia del Partito Democratico. Dalla «questione morale» decantata da Enrico Berlinguer ai cattivi maestri degli anni Settanta, passando per i reati associativi e per gli scandali delle Regioni rosse, ho tracciato la realtà di un partito lontanissimo dai propositi sostenuti nel «Codice Etico», sottoscritto dai fondatori del Pd nel 2008. Nessuna superiorità morale ma un «album di famiglia» che annovera corruzione, peculato, turbativa d’asta, voti di scambio, associazione a delinquere, favori alla mafia, violenze sessuali, sanitopoli, concorsopoli e parentopoli.
Il caso Toti svela la “morale sinistra”
«L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva», si legge all’art.27 comma 2 della Costituzione italiana, la «più bella del mondo» come sono soliti definirla gli esponenti di sinistri. Ma ciò non vale per Giovanni Toti, tornato libero dopo 80 giorni di arresti domiciliari. Dopo quasi tre mesi di gogna politica e mediatica perpetrata ossessivamente dalla sinistra e dai giornali allineati, sono arrivate le dimissioni del presidente della Regione Liguria e con queste, inspiegabilmente e immediatamente, la sua libertà.
«I magistrati sono stati onesti, lo hanno messo nero su bianco: finché fossi rimasto presidente, sarei restato anche agli arresti», ha commentato Toti in un’intervista a Libero. Tutto ciò è successo ancora prima della richiesta di rinvio a giudizio, del processo di primo grado, dell’appello e della Cassazione. In altre parole, per il diritto e la Costituzione italiana, Giovanni Toti è ancora un cittadino non colpevole. Ciò non è mai successo quando, sul banco degli indagati, sedevano esponenti della sinistra. In quel caso, è sempre valso il giusto garantismo. Vi ricordate il caso dell’ex presidente dell’Umbria Catiuscia Marini, rinviata a giudizio e poi condannata a 2 anni di reclusione per la sanitopoli umbra? Dopo aver annunciato in un comunicato ufficiale le sue dimissioni irrevocabili, il Consiglio regionale dell’Umbria respinse le dimissioni della Marini con 11 voti, tra questi anche quello determinante della stessa presidente.
In una nota, Gianfranco Chiacchieroni, allora presidente del gruppo del Pd in consiglio regionale, asserì: «Andare ad uno scioglimento anticipato dell’Assemblea regionale per chiedere il giudizio degli elettori solo qualche mese prima della sua scadenza naturale, prevista per la primavera prossima, lo riteniamo un atto non giustificato e accettabile solo da chi intende, come la Lega e i 5 stelle, speculare come degli avvoltoi su una vicenda giudiziaria analoga a quelle che li coinvolgono in molte altre regioni d’Italia». Chi sono ora gli «avvoltoi» che hanno chiesto la testa di Giovanni Toti? In fin dei conti, mancava solo un anno alle nuove elezioni.
Dimissioni di Toti e nomina di Ermini a presidente della holding del Gruppo Spinelli
“La morale sinistra” diventa ancora più lampante con la nomina di David Ermini, deputato del Partito Democratico in due legislature ed ex vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, a presidente della holding del Gruppo Spinelli. Proprio il gruppo dell’imprenditore Aldo Spinelli, indagato nella medesima inchiesta di Giovanni Toti. Preoccupati per le polemiche sorte per quella nomina in vista delle future elezioni in Liguria, i leader del Pd, Andrea Orlando in primis perché possibile futuro candidato presidente dem, hanno chiesto un passo indietro a Ermini. L’ex vicepresidente del Csm ha fatto spallucce, si è dimesso dalla Direzione del Pd perché «amareggiato dalle logiche forcaiole da grillini» dei suoi compagni di partito. D’altronde, Ermini aveva 100mila euro di buoni motivi per lasciare il Partito Democratico.