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Roma, 5 ago – In un discorso alla Nazione, il primo ministro britannico Keir Starmer ha parlato di «tempesta» di fake news diffuse sui social media all’origine delle rivolte anti immigrazione nel Regno Unito e ha convocato una riunione del Comitato per le emergenze Cobra. Negli ultimi giorni, migliaia di manifestanti sono scesi nelle strade di diverse città britanniche, da Middlesbrough a Blackpool, passando per Bristol, Liverpool, Stoke e Tamworth, per protestare contro l’immigrazione di massa.
Le immagini che giungono da quelle località sembrano quelle di una vera e propria guerra civile: bianchi britannici che incendiano gli hotel adibiti a centri di accoglienza per migranti mentre immigrati, seconde generazioni e antifa britannici danno la caccia all’uomo bianco armati di bastone e machete.
Le cause all’origine delle rivolte anti immigrazione
Le rivolte contro l’immigrazione sono scoppiate in seguito alla mattanza delle bambine a Southport perpetrata da un 17enne di origine ruandese. Tre bimbe sono morte massacrate a colpi di coltello mentre ballavano in un centro ricreativo: Bebe King di 6 anni, Elsie Dot Stancombe di 7 anni e Alice Aguiar di 9 anni.
All’indomani della strage, qualche testata locale aveva scritto che l’autore fosse un immigrato. Così, tre giorni dopo, le autorità di Southport hanno dovuto dichiarare le sommarie generalità del criminale: non un immigrato ma un ragazzo di seconda generazione. Per stemperare gli animi, i principali media britannici hanno diffuso una fotografia del 17enne risalente a molti anni fa.
Le guerriglie di Harehills, Whitechapel e Southend
Prima della strage delle bambine, i britannici avevano assistito inermi alla guerriglia urbana provocate da immigrati, rom e seconde generazione a Harehills.
Autobus e auto dati alle fiamme, sassaiole e roghi accesi nelle strade hanno costretto le Forze dell’ordine a una tempestiva ritirata dalle strade del sobborgo di Leeds. Il giorno seguente, però, sono stati arrestati i residenti che manifestavano contro ciò che era successo la notte precedente.
Due giorni dopo il massacro delle bambine, il primo ministro britannico era stato contestato a Southport mentre portava una corona di fiori: «Quanti altri bambini dovranno morire, primo ministro Starmer?». Un evidente segno del nervosismo crescente nel sobborgo multietnico che ha portato poi alle rivolte contro l’immigrazione.
Quasi in contemporanea con la guerriglia urbana di Southport, a Whitechapel (Londra), una folla di bengalesi è scesa in strada per manifestare a sostegno delle rivolte degli studenti in Bangladesh. Qualche giorno dopo, a Southend, gruppi di immigrati e seconde generazioni si sono affrontati a colpi di machete e coltelli mentre i poliziotti assistevano inermi alla scena.
La manifestazione di Londra
Il 27 luglio, migliaia di britannici hanno affollato Trafalgar Square per manifestare contro l’immigrazione di massa e la mancata integrazione delle seconde generazioni, al grido «Il futuro appartiene a noi».
A questa manifestazione, ha risposto l’estrema sinistra che ha portato in piazza immigrati e seconde generazioni: la solita sceneggiata contro il razzismo che richiama alla memoria quelle del movimento Black Lives Matter negli Stati Uniti.
La miccia della guerra civile è stata accesa
Le accuse contro l’estrema destra, ormai origine di ogni male, la promessa di molteplici arresti dei manifestanti e lo spauracchio del Comitato per le emergenze Cobra non faranno altro che acuire il clima da guerra civile che si respira nel Regno Unito.
Ovviamente la narrazione dei media si è allineata alle dichiarazioni del primo ministro Keir Starmer. Ad esempio, mentre una reporter di Sky News parlava delle violenze dell’estrema destra anti immigrazione, un gruppo di immigrati (seconde generazioni) le passava accanto, impugnando machete e coltelli.