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Roma, 24 lug – Non ci hanno messo molto i dem e la stampa allineata (pure quella italiana) a scaricare brutalmente Joe Biden, il presidente americano che, alle ore 1:16 (ora italiana) del 21 luglio, scriveva che avrebbe battuto Donald Trump e, alle 19:46 (ora italiana) dello stesso giorno, pubblicava il comunicato del suo ritiro dalla corsa alla Casa Bianca mentre si trovava in quarantena per il Covid nel Delaware. Da chi sarà arrivato il diktat?
Morto un Papa dem se ne fa altro. Anzi, un’altra. Kamala “Laughing” Harris ha subito afferrato il testimone lanciatole da Biden, dopo l’endorsement dei Clinton e dei Soros. Prima dell’abbandono del presidente degli Stati Uniti, la Harris non era gradita al popolo dem americano. Nel dicembre del 2019, la Harris dovette perfino ritirarsi dalle primarie perché era scesa a un misero 2 per cento nei sondaggi. «Ai miei sostenitori, con profondo dispiacere ma anche profonda gratitudine, comunico di aver sospeso oggi la mia campagna», aveva scritto in un post pubblicato su X. Prima del ritiro, la Harris aveva attaccato duramente Biden, colpevole di non aver sufficientemente portato avanti le istanze delle minoranze.
Ma Kamala Harris è veramente figlia delle minoranze oppresse?
Ora che in corsa per la Casa Bianca, Kamala Harris è stata eletta a simbolo delle minoranze oppresse, nonostante sia inequivocabilmente «figlia dell’élite» come ha scritto ieri Federico Rampini su Il Corriere. Non è certamente quella «ragazzaccia indipendente che punta su donne e minoranze» come l’ha definita Maria Laura Rodotà su Repubblica. Sposata con Douglas Emhoff, un ricco e potente “maschio bianco etero”, la madre della Harris era una ricercatrice universitaria indiana discendente dalla casta privilegiata dei bramini e il padre è un celebre economista afro-giamaicano e professore emerito di economia presso la Stanford University.
Maya Harris, la sorella di Kamala, è un famoso avvocato americano con una laurea alla Stanford e ha sposato Derek Anthony West, ex procuratore generale associato degli Stati Uniti, ex consulente generale di PepsiCo e attuale vicepresidente senior e responsabile legale di Uber.
Un trisavolo della Harris era uno schiavista?
Sembrerebbe proprio così dalle stesse ammissioni del padre di Kamala. In un articolo pubblicato dal Jamaica Globe nel 2019, il professor Harris scrisse: «Le mie radici risalgono a mia nonna paterna, la signorina Chrishy (nata Christiana Brown), discendente di Hamilton Brown che è registrato come proprietario di piantagioni e schiavista e fondatore di Brown’s Town, una città in Giamaica». L’irlandese Brown si recò a Londra per protestare contro l’abolizione della schiavitù e poi rivolse la sua attenzione agli immigrati irlandesi quando non gli fu più permesso di ridurre in schiavitù gli africani, secondo lo storico nordirlandese Stephen McCracken: «Tornava in Irlanda per riportare i migranti in Giamaica per lavorare, una volta abolita la schiavitù. Una citazione si riferisce a lui come a colui che “rendeva schiavi i migranti” in Irlanda». Quindi, oltre alla propensione per le gaffe, la Harris avrebbe origini in comune con Biden, il quale più volte ha citato la sua discendenza. «Sarò anche irlandese ma non sono stupido», aveva detto il presidente americano durante un incontro con i veterani dell’esercito nel Delaware.
Kamala prima dell’ascesa politica
«Sì, potrei aver influenzato la sua carriera (della Harris, ndr) nominandola in due commissioni statali quando ero presidente dell’Assemblea. E l’ho sicuramente aiutata nella sua prima corsa per procuratore distrettuale a San Francisco», aveva dichiarato Willie Brown, il primo sindaco nero di San Francisco. Si mormora di una relazione all’epoca tra la Harris e Brown, uomo di trent’anni più anziano.
La Harris è veramente una «ragazzaccia indipendente che punta su donne e minoranze»?
Dalla sua biografia, più o meno ufficiale, si direbbe proprio di no. Kamala Harris è figlia della ricca e potente borghesia americana e, oltretutto, ha accettato favori politici per proseguire nella carriera. E subito il pensiero corre al segretario del Partito Democratico Elly Schlein, la donna del popolo, come vorrebbe essere percepita, ma che può vantare tre cittadinanze, un curriculum da ricca figlia di papà e genitori importanti accademici. Ogni mondo, è paese in casa dem.