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Roma,19 lug – A quasi una settimana dall’attentato di Donald Trump, è il momento di fare un bilancio sulle esternazioni degli scrittori e dei giornalisti vicini alla sinistra in merito all’accaduto. Prima di passare in rassegna le stramberie dei compagni italiani dell’informazione che sembrano partite da un unico spin doctor, è il caso di ricordare le dichiarazioni rilasciate dai leader dem. Pochi giorni prima dell’attentato, l’ex speaker della Camera Nancy Pelosi aveva affermato durante un collegamento con la Msnbc: «Questa non è un’elezione normale. Lui (Trump) deve essere fermato. Lui non può essere presidente». L’8 luglio scorso, Joe Biden aveva dichiarato: «Ho un solo compito ed è battere Donald Trump. Sono assolutamente certo di essere la persona più adatta per riuscirci. Quindi, abbiamo finito di parlare del dibattito, è il momento di mettere Trump nel mirino». Affermazioni quasi premonitrici che se fossero state pronunciate da Trump, avrebbero scatenato il finimondo. Ma torniamo alle esternazioni dei «buoni» dell’informazione italiana. Al primo posto, per la sua assurdità, troviamo il post pubblicato dalla giornalista Marta Ottaviani, la quale ha ipotizzato che l’attentato contro l’ex presidente degli Stati Uniti sia stato una false flag pianificata: «Dite quello che volete, ma questo ‘attentato’ a Trump puzza di preparato da lontano un miglio. È un golpe contro la democrazia americana, altro che storie».
Paolo Berizzi traccia il profilo di Trump, definendolo «fascista autoritario, uno che da anni calpesta le regole democratiche, che attacca i deboli, immigrati, donne, disabili, lgbtq» e scagiona l’autore dell’attentato Thomas Crooks chiamandolo «pazzo». Trump meritava le pallottole in quanto «fascista»?
«La storia politica insegna che il proiettile che manca il bersaglio lo rafforza», ha scritto un rammaricato Roberto Saviano, il quale poi rimarca «quei pochi centimetri che avrebbero permesso al proiettile di chiudere la partita con uno dei peggiori leader politici dei nostri tempi». Nemmeno una parolina in solidarietà verso Trump, anzi Saviano ha preferito definirlo «peggior leader» all’indomani dell’attentato.
Quasi un post fotocopia quello di Donatella Di Cesare, la docente dell’Università La Sapienza e la stessa che, dopo la scomparsa della brigatista Barbara “Luna” Balzerani, scrisse: «La tua rivoluzione è stata anche la mia. Le vie diverse non cancellano le idee. Con malinconia un addio alla compagna Luna». Sull’attentato a Trump, la Di Cesare ha speso parole ben meno affettuose, affermando: «Ma è certo che quel sangue sul volto del nemico finisce per rafforzarlo e la violenza bellica, che dilaga ovunque, uccide la democrazia».
Lo sbarellamento dei giornalisti italiani
Poi, c’è la serie degli sbrocchi dei giornalisti dem nostrani. Alan Friedman ha affermato che «Trump adesso fa il martire ma è quello che ha incitato più di tutti alla violenza». In un articolo pubblicato su Repubblica intitolato «Usare il corpo ferito per conquistare voti», Corrado Augias paragona l’attentato contro Trump a quello di Berlusconi nel 2009 e a quelli subiti da Benito Mussolini.
Anche Gad Lerner su X fa lo stesso paragone, pubblicando l’immagine di Berlusconi con il volto insanguinato a favore dei suoi seguaci, ma va oltre. In collegamento con il programma televisivo In onda, il giornalista ha affermato: «Voglio ricordare che hanno sparato anche a Hitler in passato». In un articolo pubblicato su La Stampa, Flavia Perina ha cercato di derubricare l’attentato a Trump, parlando dell’odio della destra che sarebbe stato sdoganato come lecito dal generale Roberto Vannacci. Durante il programma tv L’aria che tira, la giornalisti Giovanna Botteri, ex compagna del collega Lanfranco Pace condannato per associazione sovversiva, ha affermato: «I sondaggi erano già favorevoli a Donald Trump, con quest’immagine iconica di lui insanguinato, col pugno alzato, che sfida la vita e la morte protetto da Dio e con la bandiera americana dietro, ora può permettersi anche toni più pacati». Nel 2016, l’allora inviata Rai negli Stati Uniti, si sfogò in diretta dopo la vittoria di Trump, affermando: «Che cosa succederà a noi giornalisti? Non si è mai vista come in queste elezioni una stampa così compatta ed unita contro un candidato. Che cosa succederà ora che la stampa non ha più forza e peso nella società americana?».
Morale della favola sinistra? Donald Trump se l’è cercata ma ora dobbiamo correre ai ripari perché il suo corpo ferito sarà il suo miglior manifesto elettorale. Insomma, a metà tra «uccidere un fascista non è reato» ed «è stata stuprata perché aveva la minigonna». Questo è il favoloso mondo dell’informazione dem.